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Arezzo verso la smart city

Lo studio di Silvia Burbi e Martina Valdarnini sull' Â’area ex Lebole

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“Stiamo definendo progetti e contenuti della smart city – annuncia il vice Sindaco Stefano Gasperini. Un
un lavoro ampio, un laboratorio di idee per la città. Questo percorso si articolerà in tavoli di lavoro, incontri nel territorio, approfondimenti culturali. E in questo contesto è fondamentale la partecipazione di giovani studiosi e professionisti. In collaborazione con l'università, intendiamo quindi utilizzare lo spazio dell'Urban center per mettere a disposizione un luogo in cui i giovani possano presentare tesi di laurea e progetti”.

Il primo appuntamento è con la tesi di laurea di Silvia Burbi e Martina Valdarnini (“La ex Lebole di Arezzo: fra archeologia industriale e nuova vitalità urbana”) che sarà il tema della conferenza di venerdì 12 settembre, con inizio alle ore 17, nei locali dell’Urban Center, ex Bastanzetti, in via Leone Leoni. Si tratta di uno studio progettuale, di una riflessione culturale che prescinde dalla fattibilità economica dell'intervento ma vuole stimolare la riflessione su un tema strategico per la Smart city quale è la rigenerazione urbana

“Con il progetto di smart city – continua Gasperini – ci proponiamo di tradurre in fatti concreti l’idea di ‘città intelligente’. Un percorso condiviso che configuri Arezzo come città del futuro in grado di attrarre investimenti e offrire ai propri cittadini una sempre maggiore qualità di vita. Concretizzare l’idea di ‘città intelligente’ significa creare una comunità che proceda unita verso un obiettivo concertato e una visione strategica per il futuro”.

L’iniziativa di venerdì sarà aperta dagli interventi dello stesso Gasperini e della Presidente dell’Ordine degli architetti, Paola Gigli. E dopo una breve ricostruzione della storia della Lebole, sono in programma gli interventi dei professori Giacomo Tempesta e Maurizio De Vita. Infine Silvia Burbi e Martina Valdarnini illustreranno il loro lavoro.

“La nostra idea d’intervento e conservazione nasce dalla considerazione che la Lebole è segno di decenni di benessere, di un cambiamento sociale e dell’emancipazione della donna nel mondo del lavoro. A base di queste premesse, nel momento in cui ci siamo soffermate di fronte a questo simbolo, la volontà è stata quella di riportare alla luce quel nome, cercando di ricreare, in chiave moderna quello che era uno dei fulcri della città. Allo stato attuale, la Lebole si trova in una zona strategica, ma non valorizzata. Porta della città di Arezzo, simbolo di un’epoca, attualmente in via di dismissione, degradata e a rischio di demolizione”

“In primo luogo – continuano Silvia Burbi e Martina Valdarnini - abbiamo sentito la necessità di cambiare destinazione d’uso, cercando però, di mantenere la genesi della cultura che ha abitato quell’edificio e rendendo compatibili le scelte progettuali con i caratteri dell’edificio. La Lebole di oggi, è frutto di un insieme di addizioni fatte nel corso degli anni, ma solo i due blocchi centrali divisi dal cortile, sono il vero simbolo di quell’edificio e di ciò che rappresentava negli anni ’60. E’ così che nasce la volontà di demolire tutto il resto e mantenere solo i due corpi centrali, proponendo quindi un’ipotesi di consolidamento e adeguamento a normativa vigente. L’intenzione è quella, oltre che da un punto di vista architettonico e strutturale, di voler riportare al luogo stesso la sua importanza, attraverso una lettura più moderna delle funzioni che può ospitare, richiamando però le origini. Un complesso che possa riassumere in parole chiave cultura, istruzione ed divulgazione delle origini della storia aretina”.
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