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Ecomafia, Arezzo al quarto posto in Toscana per il riciclaggio di rifiuti

Questo è emerso da un incontro all'Itis nel quale è stato proposto un osservatorio anti-mafia provinciale

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Si è svolto ieri, presso l’Istituto I.T.I.S. “Galileo Galilei” di Arezzo, l’incontro sul tema delle ecomafie nel nostro territorio. La giornata si è articolata in due momenti, la mattina è intervenuto Francesco Romizi, presidente dell’ “Arci Arezzo”, parlando dei reati ambientali  -se ne registrano 93 al giorno- e dell’attività anti-mafia di “Libera”. L’illegalità è presente anche nell’aretino, come dimostrano i beni confiscati alle mafie in Valdichiana e Valdarno. Romizi ha presentato un appello, articolato in cinque punti, che “Libera” ha rivolto ai candidati politici aretini. Tra questi punti vi è il rafforzamento della legge anti-corruzione, la pubblicazione del curriculum vitae degli eletti, la pubblicazione della loro condizione giudiziaria, la conoscenza del loro stato patrimoniale-reddituale e, infine, la conoscenza della condizione patrimoniale degli eletti. Il pomeriggio la parola è passata a Enrico Fontana di Legambiente, responsabile nazionale del settore “Ambiente e Legalità”. Fontana ha definito l’ecomafia come quell’attività criminale organizzata a forte impatto ambientale, che si fonda sul controllo del territorio e sulla gestione delle risorse, servendosi anche delle Pubbliche amministrazioni, al fine di eludere i controlli. L’ecomafia, nel 2011, ha avuto un fatturato pari a 16,6 miliardi di euro, con un totale di 33 mila reati contro l’ambiente. Per quanto riguarda i reati ambientali relativi al ciclo del cemento e dei rifiuti, la Toscana occupa nella classifica nazionale il sesto posto.  Arezzo, invece, occupa il quarto posto in Toscana per il riciclaggio di rifiuti e costituisce un territorio in cui si registra  la presenza di vere e proprie organizzazioni criminali. Si registrano inoltre traffici illeciti, oltre che di rifiuti, anche di abiti diretti in Campania, dove i materiali che arrivano vengono gestiti da un clan camorristico di Ercolano. Giunti in Campania, gli abiti sono destinati o ai mercati dell’usato, oppure vengono gettati nelle discariche. Per offrire risposte concrete al fenomeno dell’ecomafia e per combatterlo, oltre all’azione fondamentale delle indagini e della magistratura, Fontana e Romizi hanno proposto la creazione di un “Osservatorio anti-mafia” con sede in Provincia di Arezzo. Questa proposta era  stata già lanciata  dal presidente della Fondazione Caponnetto e si fonda sui principi del controllo, del monitoraggio,  dell’informazione e della cultura come strumenti di lotta al fenomeno mafioso. Un ruolo fondamentale nella lotta alle ecomafie ce l’hanno però anche le istituzioni e, nello specifico, il Parlamento, che dovrebbe finalmente dichiarare reati a pieno titolo anche quelli commessi contro l’ambiente. Per vincere le ecomafie e, in generale, il fenomeno mafioso, occorre dunque trasformare il loro terreno di gioco, abolendo il presupposto del “massimo profitto” su cui l’illegalità mafiosa -e l’economia contemporanea- si fonda. Vanno perciò cambiati i presupposti alla base del nostro sistema di produzione e di consumo, che dovrebbero essere sostituiti con “teorie e pratiche economiche alternative”, come la “teoria della decrescita” o la “green-economy”. Le produzioni e gli sprechi devono diminuire, insieme al consumo. Un ruolo centrale nella decostruzione dei presupposti dominati nell’economia e nel nostro stile di vita, lo giocano la cultura e l’istruzione, che devono diventare elementi fautori di punti di vista alternativi sulla realtà socio-economica, facendosi così strumenti attivi nella lotta alle mafie.

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