Sono passati ormai alcuni giorni da quando Zigmund Bauman, uno dei maggiori intellettuali contemporanei, ha lasciato la città di Arezzo. Per il tempo che c' ha fatto visita, Bauman ha attirato l'attenzione di molti. Arezzo ha ritrovato così per alcuni giorni le sue radici di "patria culturale", accogliendo un maîtres à penser che ha rivoluzionato i paradigmi e le categorie della sociologia contemporanea. Nata come sommo sapere nel periodo del Positivismo, la sociologia vuole distinguersi in quanto scienza sistematica delle forme sociali. Tra i principali maestri in questo campo, possono esser citati Weber e Simmel, percorrendo le vie evolutive di un sapere che sempre di più si è venuto ad intrecciare con la filosofia, nell' intento di de-costruire e analizzare le categorie strutturanti la scoietà . Società : un termine ricco di significati, che pretende d'indicare l'insieme degli elementi che compongono il vivere collettivo in un certo arco di tempo. Ripensare il concetto di "società " è dunque un compito quanto mai attuale e necessario e Bauman si è avventurato proprio in questa impresa, nell'intento di toccare con mano la realtà sociale che caratterizza la nostra epoca. Un' epoca "liquida", dove tutto fluisce e viene sradicato dalla cultura dell'immagine e del consumo in cui viviamo. Un' epoca, quella presente, in cui vi è assenza di punti di riferimento, in cui la globalizzazione detta le sue regole, abolendo la communitas, benchè superi i confini spazio-temporali che per secoli hanno diviso gli uomini. La domanda da cui scaturisce l' intera riflessione di Bauman pare essere: "come fare a costruire - in un mondo senza radici che è totalmente immerso nel proprio incessante flusso- qualcosa di duraturo?". "Costruire" è infatti un concetto che non può essere scisso da una prassi di vita, incentrata sul radicamento e sulla criticità . Laddove la criticità altro non è se non la capacità di pensare, singolarmente, la forma da dare alla propria esistenza, in libertà , benchè ogni esistenza sia sempre condizionata da un "sistema", nel quale ci troviamo, in quanto "esseri sociali". Il problema cardine dei nostri giorni -problema a cui Bauman tenta di fornire una soluzione- pare dunque essere prorpio quello della necessità di costruire, ovvero di ricostruire , le radici e i presupposti del vivere sociale. L' acuirisi del lato patologico del potere -quel lato che lo intende essenzailmente come prevaricazione e salvaguardia degl ii nteressi privati- , l'acuirsi della solitudine degl iindividui nel "mondo occidentale", nonostante i progressi scientifici e tecnici, rendono necessaria una riscrittura del presente e della società . A questo proposito Bauman parla di communitas: essa non è altro che "un modo diverso" d'intendere il legame sociale, vale a dire, un modo che pone al proprio centro l'uomo. Uomo è colui che non è riducibile ad altro da sè, colui che non è possibile privare di una coscienza. In questo modo, riscoprendo l'essenza dell'essere persona, Bauman propone una semplificazione delle strutture sociali in cui viviamo e che troppo spesso c'imprigionano, privandoci della consapevolezza della nostra limitatezza: siamo corpi, siamo menti pensanti, siamo uomini, siamo esseri che vivono un tempo limitato e proprio questa limitatezza conferisce alla nostra esistenza la sua dignità . Perdere il senso del limite, conduce l' uomo e le società ad un delirio d'onnipotenza che sradica gli individui e li separa gli uni dagli altri, sostituendo alla cooperazione la competizione, al servizio la prevricazione. Lungi dall'essere un idealista e vicino - come un biologo al microscopio- alle strutture più sottili della realtà , Bauman ha portato, anche se per poco, anche ad Arezzo una folata di pensiero. Ma il rischio di certe iniziative è che restino eventi isolati, adatti, appunto, a un pubblico che, una volta tornato a casa, ricomincia a vivere come sempre. Infatti, eventi come quello che ha accolto Bauman hanno senso solo se chi vi partecipa torna alla propria quotidianità con un turbamneto che lo costringe a mettere da parte la comodità . Qundo infatti le nostre vite inizieranno a sembrarci insensatamente comode, quando comincerà ad agitarsi in noi "la nausea del già dato, del già detto, del comodo", allora vorrà dire che una scintilla di cambiamento ha iniziato a innescarsi in noi. E se non nasce dal singolo nessun cambiamento è davvero tale, ma resta sempre e comunque uno pseudo-cambiamento imposto dall' esterno. L'intellettuale, quindi, non deve essere l'accademico che dall'alto della cattedra, nel distacco e nella superiorità , predica al mondo come vivere, bensì, intellettuale è colui che si sporca le mani, avendo il coraggio di vivere, prima ancora che parlare, in modo innovativo. Intellettuale è colui alla cui presenza, ciasuno è spinto a cambiare modo di vivere, perchè l'intelletto parla prima di tutto con l'esempio e la testimonianza di vita.