Due settimane alle Gran Canarie trascorse tra una partita a calcio e una di volley, un giro in kayak e in barca a vela al largo della costa di Las Palmas e per finire una sfida in montagna su un vero e proprio circuito militare con prove di tiro, scalate e passaggi nei tunnel. “Ho fatto tutto tranne il bungee jumping, perché sono un fifone”. Daniele Bennati, neo acquisto della Saxo-Tinkoff, ha sperimentato per la prima volta il metodo Riis. Quello del team manager danese è un approccio diverso dal solito, finalizzato a creare spirito di squadra. “E’ stato divertente e molto utile per fare gruppo. In carriera non mi era mai capitato di svolgere un ritiro così”. Il “Pantera”, come lo chiamano in gruppo, è più carico che mai per affrontare la nuova stagione, la 12esima da professionista. Con uno stimolo in più: avere come compagno il fuoriclasse spagnolo Alberto Contador. All’ultima Vuelta Daniele ha centrato la 50esima vittoria in carriera. Un traguardo importante che festeggerà sabato prossimo all’Hotel Planet di Rigutino con i suoi tifosi, molto colleghi e un ospite d’eccezione, Alfredo Martini.
Daniele, partiamo proprio dalla festa di sabato. L’appuntamento organizzato dal tuo fans club torna dopo due anni di assenza.
“Dedicheremo la serata a mio nonno Gino (scomparso nel 2011, ndr) che non c’è più e che è stato il mio primo tifoso. Durante la festa verrà proiettato un video con tutte le mie 50 vittorie. Sono già tante le adesioni. Tra i colleghi ci saranno alcuni miei nuovi compagni di squadra e poi Visconti, Sabatini, Pellizzotti e tanti altri. Sabrina, la moglie di Ballerini, oltre al grande Alfredo Martini”
Cinquanta successi. Il più bello e il più importante?
“Le vittorie a Giro, Tour e Vuelta sono tutte belle. Se devo sceglierne una dico che la volata di Parigi (luglio 2007, ndr) ha un fascino particolare”
Nonostante una bacheca prestigiosa, ti senti un po’ sottovalutato dalla critica?
“Purtroppo fa parte del gioco. Ho un carattere schivo, non sono uno spavaldo. A me va bene così. Qualcuno magari è più sponsorizzato sui media”.
La tua nuova formazione, la Saxo-Tinkoff, non ha ancora ottenuto la licenza World Tour. Questo può influire sui programmi per il 2013?
“La vera incognita rimane la partecipazione al Tour de France. Per il resto il programma è già definito”.
Puoi svelarcelo?
“Debutterò a febbraio al Giro del Qatar, poi Oman, quindi Tirreno-Adriatico, Sanremo, Fiandre, Gand-Wevelgem e Roubaix”.
Giro d’Italia o Tour de France?
“Dipende da quello che farà Contador. Riis vuole affidarmi un ruolo di responsabilità. Dovrò stare vicino ad Alberto nelle tappe più difficili, per fargli prendere poco vento e tenerlo fuori dalla cadute. Un grande onore per me. Oltre a dare una mano nella cronosquadre".
Quindi?
“Se Contador sarà invitato al Tour farò il Tour. E sinceramente spero di correrla la Grand Boucle”.
Sacrificherai le volate?
“Credo che la maglia gialla valga più di un successo parziale. Poi a Parigi, nell’ultima tappa, a giochi fatti, avrò la mia libertà e sarà un’altra storia”.
Oltre al Tour, qual è l’obiettivo per la nuova stagione?
“Una classica. E’ la ciliegina che manca alla mia carriera. Ho ancora qualche anno per poterci provare. La Sanremo resta il sogno di una vita, ma anche il Fiandre è una corsa che ho sempre amato”.
A sentirti parlare, Riis ti ha proprio conquistato.
“Bjarne conosce di ciclismo come pochi e mi ha fatto sentire fin da subito la sua fiducia. Lui vuole preparare il mondiale di Firenze con me. A suo parere è simile al percorso di Verona dove ha vinto due volte Freire”.
Ti candidi per la nazionale?
“Non corriamo troppo. Sennò potrei sembrare presuntuoso”.
Possiamo dire che si apre una nuova fase della tua carriera?
“Diciamo che vorrei puntare più al bersaglio grosso, senza rinunciare allo spunto veloce che serve per vincere le corse importanti, come una grande classica".
Sei nel gruppo da tanti anni. Che idea ti sei fatto della vicenda Armstrong?
“Non è facile dare un giudizio. Vicende come questa penalizzano chi come me fa questo mestiere in maniera pulita. L’opinione pubblica fa presto a mettere tutti nel calderone e a dire che siamo tutti dopati. Una cosa è certa: il ciclismo è lo sport che porta avanti la lotta più serrata al doping”.