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Confesercenti tira le somme sul 2013: "Un anno difficile, centinaia di attività chiuse. Ancora dentro alla crisi"

Per l'associazione di categoria si può uscire dal difficile momento congiunturale solo cambiando il clima economico

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Tempo di bilanci per la Confesercenti aretina, con l'anno che volge a termine. E quello che emerge è un quadro economico in chiaro-scuro: crisi prolungata del sistema produttivo con il commercio, settore più in difficoltà. Nonostante tutto il 2013 ha evidenziato spiragli favorevoli che possano indicare l’uscita dalle difficoltà, l'associazione di categoria ha tratteggiato un anno di lavoro e impegno a favore della piccola media impresa.
“Un anno difficile – puntualizza il direttore di Confesercenti Mario Checcaglini – durante il quale il commercio non è più il settore anticiclico , come nel passato, quando all’espulsione delle persone dai settori produttivi seguiva l’investimento della liquidazione nella speranza di dare inizio a un’attività commerciale e una rinascita occupazionale”.

Il 2013, durante i primi 10 mesi ad Arezzo è stato registrato un saldo delle imprese nel commercio al dettaglio, alimentare e non alimentare  e ingrossi di -154 imprese, solo quelle del commercio al dettaglio sono ben -140;  gli alberghi e ristoranti sono diminuiti di -30. Delle attuali 7.886 pmi attive nel settore del commercio, il 2013 ha visto alzare 314 saracinesche e abbassarne 468. Tra le 2.052 invece attive nel turismo e attività bar-ristorazione 65 sono i nuovi imprenditori e 95 quelli che hanno chiuso l’attività.
Secondo il presidente Barbara Brogi: “È naturalmente la crisi la principale causa che incombe nel settore, ma incide anche la crescente professionalità necessaria per attivare e condurre un’attività. Una crisi dei consumi che ha portato la spesa degli italiani indietro di 10 anni trova origine come sappiamo nella caduta dell’economia”. Il pil in questi anni di crisi è calato del 9% ( dal 2009) contro un +4% di quello tedesco, cala anche nel 2013: si prevede una caduta complessiva a fin anno del 1,7 con la nota positiva che nel 4 trimestre si registra una inversione di tendenza con un più 0,2%.

“Questo dato – spiega Mario Checcaglini - dovrebbe essere il segno di un’inversione di tendenza cioè di una uscita dalla crisi. Lo sarà purtroppo però solo dal punto di vista tecnico, cioè il pil torna a crescere, ma anche i più ottimisti non ritengono sufficiente la crescita per invertire la tendenza della caduta occupazionale. I dati del recente rapporto Excelsior registra per il 2013 un saldo negativo pari a 1550 addetti, tra nuovi assunti e cessazioni di rapporti di lavoro. Quindi non ci sono motivi oggi per poter affermare che stiamo uscendo dalla crisi, al contrario ancora ci siamo ancora dentro e lo si avverte che le imprese soffrono”.

Quale la strada quindi da percorrere per uscire dalla crisi? Per Confesercenti deve necessariamente cambiare il clima economico.
“Occorre - spiega il presidente Barbara Brogi - dare priorità all’inversione di tendenza della perdita occupazionale e l’unica misura seria è la riduzione del costo del lavoro che grava sulle imprese. Il Governo ha iniziato a farlo nella legge di stabilità ma in maniera del tutto insufficiente rispetto le necessità. La misura che occorre è destinare 10-15 miliardi, che si devono trovare nella riduzione della spesa pubblica, a questo scopo. Oggi una commessa all’azienda costa 30 mila euro ma a lei vanno meno di 15 mila, mille euro al mese se si considera che su questa cifra è compreso il tfr e le mensilità aggiuntive. Una ripresa occupazionale avrebbe inoltre il merito di invertire una spirale di pessimismo che pesa sui consumi. E’ evidente che se c’è nel paese una aspettativa di crisi le famiglie invece che spendere tendono a risparmiare alimentando la spirale perversa che indebolisce il sistema economico dalla produzione al commercio”.

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