L’arte di Kohei Ota è una composizione. Nelle opere di quest’artista giapponese la natura si unisce all’elemento umano, creando un’armonia nuova. La vita fluisce nelle rappresentazioni di Ota e viene interpretata nella sua complessità, una complessità in cui il bene e il male vengono superati in una visione della realtà che la coglie come una tela composita e fatta di trame che si toccano. Il concetto di “complessità” è, in questo caso, da intendersi in maniera duplice: da un lato occorre meditare sempre sulla natura finita e fragile del nostro essere al mondo, dall’altro, invece, è necessario considerare che pur nel dolore e nelle prove che la vita ci mette davanti si conserva sempre intatta la possibilità di una rinascita, capace di guardare al futuro, proprio perché ha vissuto e meditato il passato. L’ arte di Kohei Ota è un’ “introspezione in forma” e, in essa, rappresentazione estetica e meditazione sul concetto si fondono. L’una porta all’altra, creando un legame inscindibile. La natura, rappresentata come elemento primordiale, è la terra in cui dimorano le nostre radici di uomini e solo grazie ad essa il nostro sguardo riesce ad elevarsi tanto da toccare il cielo. L’eleganza lenta –perché le opere di Ota richiedono di soffermarsi- di quest’artista e pensatore, ha un tono profondamente orientale e, tuttavia, lascia aperta la porta a una fusione continua con altri punti di vista culturali. La mostra, attualmente in corso a Cortona presso il Museo dell’Accademia Etrusca e aperta fino al 30 Giugno, intitolata Zenit, raccoglie la produzione più recente dell’artista e si articola anche in una serie di installazioni che rendono protagonista il fruitore. All’interno delle stanze, Ota dispone le proprie opere in maniera enigmatica e delinea un percorso dell’anima, che costituisce una meditazione sulla condizione umana, sul rapporto tra essa e la natura, sul ruolo catastrofico-creatore degli eventi naturali e sull’idea di arte come fonte di trasformazione migliorativa della società e dei singoli. Tra le opere esposte vi sono dei Totem intitolati Sorgente, che rappresentano una meditazione sulla terra in quanto fonte suprema di energia. Da essa infatti s’ irradia la linfa vitale che fa crescere ogni forma di esistenza. E dalla terra si arriva, per ascensione, fino all’uomo, colui che svetta ma che nasce dal primordiale. L’acqua -e da qui il titolo Sorgente- è l’elemento che attraversa tutti gli stadi evolutivi e che purifica, come una ventata d’aria fresca che giunge a ristorare anche nei momenti di distruzione. L’acqua, come sorgente originaria della vita, è l’acqua dell’utero materno, l’acqua di ogni possibilità cosmica di esistenza. I totem quindi sono la rappresentazione del processo verticale che porta a un’elevazione dello spirito e, dunque, a un’ elevazione migliorativa della condizione umana. Lo spirituale infatti è un altro dei temi fondamentali per quest’artista, che concepisce l’aspetto ancestrale della natura umana come desiderio innato di Dio, di un Dio che però è già qui e dimora in ciascuno di noi. Questo Dio è pertanto la ricerca di se stessi che conduce all’elevazione spirituale. E in questo percorso di ricerca, evocato da tutta la poetica di Ota, è necessario un disancoramento dall’ego. Ecco, dunque, che l’ego viene superato nella natura, che è riscoperta come madre comune di tutti gli esseri, ed è superato nell’arte che trascende gli interessi dell’io e si fa messaggio universale. Una sala della mostra è poi dedicata al terremoto che ha colpito il Giappone nel Marzo del 2011 e vede esposte alle pareti delle opere in china e tempera, con riportate le poesie di Miyazawa Kengji. Nelle opere di Ota, i materiali più diversi si uniscono in composizioni armoniche -ceramica, china, specchi, tempera, sabbia- come per evocare la complessità dell’esistenza umana , della natura, di tutto ciò che ci circonda e che ci tocca. Semplificare questa complessità, ancorandosi ai pregiudizi, alle idee fisse -all’ego, appunto- significherebbe negare la vita stessa. Il terremoto infatti è anch’esso occasione di riflessione artistica sulla potenza distruttrice della natura, ma anche sulla sua forza creatrice. Tutto in questo artista è duplice. Tutto è, in potenza, creazione e distruzione, per questo sta all’uomo scegliere come vivere, se costruendo o distruggendo. Nella sala successiva a quella commemorativa del terremoto del 2011, si trova poi un’opera “metafisica”, raffigurante due specchi con intorno delle cornici. Nell’opera, la materia delle cornici sembra squarciarsi e lasciare spazio al vuoto –che in realtà è infinitamente pieno- dello specchio. Qui il gioco coinvolge le dimensioni spaziali, il piatto e il rotondo, e riguarda la possibilità di spalancare l’immaginazione del fruitore all’idea che più universi paralleli sono possibili. Universi in cui la fisionomia canonica delle cose muta e con essa mutiamo anche noi, che da semplici spettatori diventiamo protagonisti di quell’incessante trasformazione che è la vita stessa. La mostra di Ota costituisce quindi un’occasione unica di riflessione e d’immersione in un paesaggio artistico originalissimo e capace di toccare le corde dell’anima attraverso tutti e cinque i sensi, per aprire degli squarci anche oltre ad essi.

