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La recensione di Giulio Cirinei: La desolazione di Smaug, o quella di chi siede in platea?

Secondo capitolo del prequel del "Signore degli Anelli"

a cura della Redazione
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La storia del cinema è costellata da film tratti da libri, a volte è grande la pellicola, a volte era meglio il volume, a volte sono proprio diversi. D'altra parte sia chi scrive, che chi dirige o recita, mette qualcosa di suo nell'opera di cui diventiamo lettori o spettatori. Questo è altrettanto vero quando viene girato un film tratto da un libro di cui, se non si volesse decretare la grandezza, bisogna comunque accettare il mostruoso successo di pubblico a livello mondiale.

Lo Hobbit è uno di questi casi. Pur in tono minore rispetto al più famoso, più letto e più visto Signore degli Anelli, anche la storia di Bilbo Baggins e di come ritrovò – e iniziò a sfruttare e utilizzare a suo vantaggio – l'unico e solo anello del potere, è stato un libro con milioni e milioni di lettori di tutte le età in tutto il mondo. Lo Hobbit fu l'opera prima di Tolkien, pubblicato la prima volta nel 1937, ed è una storia dedicata e mirata ai più piccoli, che si snoda in un libro facile e veloce da leggere, lungo fra le 250 e le 400 pagine a seconda dell'editing della pubblicazione. In ogni caso infinitamente più breve delle circa 1300 pagine del Signore degli Anelli, da cui è stata tratta la prima trilogia di Jackson, un colosso di quasi dieci ore di proiezione in totale.

Voler trasportare in una seconda trilogia - un prequel del Signore degli Anelli - un libro troppo breve per permettere un'opera cinematografica così colossale, è parso fin da subito un'azzardo, ai più fedeli appassionati della Terra di Mezzo. Nella prima pellicola, Un viaggio inaspettato, Jackson era riuscito a mantenere una linea narrativa fedele a quella dell'opera prima di Tolkien. Certo, come nel Signore degli Anelli, di licenze il regista se ne era concesso, ma erano particolari, questioni di poco conto, delle licenze appunto.

La desolazione di Smaug è tutt'altro. E' il favoleggiamento di qualcuno che ha voluto strafare, e non ha potuto farlo mantenendo la coerenza che, licenze a parte, finora andava riconosciuta a Jackson. Invenzioni su invenzioni per aggiungere minutaggio al film. Modifiche anche sostanziali alla storia. Personaggi mai citati nel libro, che vengono infilati a forza nel film per riportare in vita personaggi vincenti della prima trilogia. E' talmente lungo l'elenco delle pure e semplici invenzioni di Jackson in questo film, che un amante del mondo tolkeniano e delle storie degli Hobbit, non può fare a meno di inorridire di fronte allo scempio creato dalla pellicola.

E quando un regista distrugge in questo modo una storia, conta poco poi che il film sia spettacolare a vedersi, e che la grafica tridimensionale sia semplicemente splendida. Se si escludono alcuni combattimenti fra elfi e orchi che risultano esagerati all'occhio, come ormai tutti i combattimenti di qualsiasi film d'azione, gli effetti speciali di questo quinto – secondo – capitolo sono meravigliosi. Il drago è splendido, perfetto, il miglior drago del cinema. E' vivo. Guizza in ogni muscolo, trasuda rabbia e cattiveria, si muove con un realismo straordinario. Lo stesso vale per tutte le creature che i protagonisti incontrano nel corso del film, di cui verrebbe da chiedersi quanto sia stato difficile addestrarle e dove le abbiano trovate.

Ma questo non è Lo Hobbit, questa è l'opera prima di qualcun'altro, non di certo quella di un Tolkien che oggi si starà sicuramente rivoltando e rivoltando nella sua tomba a Wolvercote, vicino a Oxford.  A Jackson vorrei chiedere perchè si sia fissato così tanto con il numero 3, da dover per forza fare una trilogia anche da un libro di poche centinaia di pagine. A Jackson vorrei chiedere anche perchè ha voluto fare in modo che tutti i film siano di circa 3 ore. A Jackson vorrei chiedere – ma questa è una risposta che ho – perchè ha dovuto resuscitare personaggi che nel libro non c'erano. Ma questo è ovvio, per mettere di nuovo attori famosi e dal grande appeal verso il pubblico, a far da traino a questo secondo – quinto – episodio della saga della Terra di Mezzo. E ormai il più è fatto. Le parti migliori della storia storia sono ormai alle spalle. Risulterebbe inutile, quindi, chiedere a Jackson di rispettare l'opera di Tolkien nella terza ed ultima pellicola. Anzi, parte ovvio che la terza sarà per forza condita e farcita di altrettante e ancor più mirabolanti invenzioni, perchè La desolazione di Smaug finisce a 50 pagine dalla fine del libro, e di sicuro Jackson vorrà, se non raggiungere, almeno avvicinare le 3 ore di proiezione anche in quest'ultimo film

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