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La recensione: "Grandi speranze" un film didascalico ma poco intenso

All'interno gli arrivi di giovedì "Lo hobbit" e "Tutto tutto niente niente"

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Charles Dickens è uno dei padri della letteratura inglese nonché uno degli scrittori che hanno caratterizzato l’Ottocento a livello europeo. Il film di Mike Newell vuole essere un omaggio nel bicentenario della nascita avvenuta il 7 febbraio del 1812. Rispetto all’intensità del libro che è forse uno dei più articolati dello scrittore inglese, il film risulta didascalico anche si di grande fascino per un’ottima fotografia e uno ricostruzione attenta di Londra. La vicenda è quella dell’orfano Pip e della sua brama di diventare un gentiluomo, tema che peraltro ossessionava Dickens ma che alla fine dovrà accontentarsi nonostante le attese ( le grandi speranze) di una normale vita da impiegato ma con l’amore della donna che ama. Rispetto al libro manca la bramosia di Pip, in questo caso l’orfano fa scorrere gli eventi su di se senza afferrarli per la coda come accade invece nel libro. Intendiamoci il film è fedele ma manca di pathos. Il risultato dell’operazione di Nevell è un enorme affresco del periodo e un lavoro cinematografico che non passerà alla storia. Tra gli attori da segnalare due star un po’ fiacche Ralph Fiennes e Helena Bonan Carter, troppo intrappolata nel personaggio che le ha cucito addosso il marito Tim Burton e un vivace Jeremy Irvine, tanto carino quanto promettente. 

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