Messe da parte le riflessioni interiori e una vena intimista che progressivamente gli aveva permesso di scostarsi dai primi film, Pedro Almodovar fa marcia indietro e torna alla commedia brillante, con gags e situazioni al limite che di sicuro lasciano in bocca il sapore del già visto. “Gli amanti passeggeri”, ultima fatica del regista catalano, non ci ha convinto. Le risate si fanno, qua e là, in certi tagli si apprezza la vena dissacratoria ma senza gli entusiasmi dei primi tempi. Negli anni Ottanta parlare di omosessualità poteva essere rivoluzionario, sbandierarla significava lanciare un messaggio provocatorio. Oggi no. Oggi significa conformarsi alla mania dell’outing, del tutto in piazza che non affascina più il pubblico né lo costringe a riflettere ma che, altresì, un po’ come succede per la pornografia, lo infastidisce. Gli attori sono bravi ma un po’ sopra le righe. Il doppiaggio italiano peraltro, vedi le comparsate di Penelope Cruz e Antonio Banderas, pessimo. Buona la colonna sonora, la grafica stile anni 60 alla Tarantino, emblematica la scelta del silenzio durante il volo che rende il film molto teatrale. Bella anche la caratterizzazione dei personaggi che parlano di vita, di morte, annegano la pochezza del mondo in sesso e droga. Molti di loro sono autentici stereotipi: un finanziere ricercato, un killer professionista, un playboy irriducibile, una consumata protagonista della cronaca rosa e una rabdomante. Tutto bello ma non basta a far decollare, è il caso di dire, il film. L'esagerazione di sesso, droga, alcool appare un pò troppo forte. La ritrovata esuberanza sessuale di Almodovar, elogiata da qualche critico, a noi sembra piuttosto una “saudade” un po’ forzata.

