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L’Accademia dei Costanti. Il Casino dei nobili aretini

Presentazione venerdì 14 giugno ore 17.30 al Circolo Artistico

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- Venerdì 14 giugno, alle ore 17.30, presso il salone delle feste del Circolo Artistico, verrà presentato il libro di Antonella di Tommaso dal titolo L’Accademia dei Costanti. Il Casino dei nobili aretini (Ed. Esserrepress, maggio 2013).
All’incontro, oltre all’Autrice, interverranno Giulia Ambrosio e Carlo Cigna, presidente del Circolo Artistico.
Il libro della Di Tommaso ricostruisce, con scrittura agile ma con dovizia di riferimenti documentati, la storia dell’Accademia dei Costanti. L’Autrice, che è giornalista, fa un vivace riferimento all’epoca in cui l’animazione, il divertimento e la vita notturna aretina non si chiamavano “movida” e i nobili e i borghesi aretini si davano appuntamento all’Accademia delle Regie Civiche Stanze del Caffè dei Costanti di piazza San Francesco, ovvero al Casino dei nobili.  Negli ampi saloni di rappresentanza, luoghi di conversazione assai attivi e ospitali, oltre ai giochi di società vi venivano organizzati balli, balli in maschera, rappresentazioni musicali e teatrali.
Fondata nel 1804 da un gruppo di cittadini appartenenti al Ceto civico della città, l’Accademia dei Costanti fu un primo passo per dotare la nobiltà e la nascente borghesia di un ritrovo comune dove potere trascorrere il tempo in un “onesto intrattenimento”, ma non solo. Nei locali dell’Accademia, ad esempio, anche se dopo molti anni dall’apertura, fu creata la stanza di lettura dei giornali politici e scientifici.
Il refolo di aria francese che diffondeva le nuove idee rivoluzionarie, sul finire del Settecento, anche in terra aretina, inizia, seppur con molta difficoltà, a penetrare nella società e nell’orizzonte culturale locale nonostante che il locale contesto risulti ancora estremamente ingessato e sfiancato dai moti popolari del 1796 e del 1799.
Nata al pari che in altre città come ritrovo, in principio esclusivamente nobiliare, Le Regie Civiche Stanze del Caffè dei Costanti non erano granché differente da un ritrovo privato, organizzato e gestito da alcune famiglie in vista.
Gli scopi mondani e sociali e assai poco politici della nuova istituzione, promossa da uomini del nuovo regime con l’approvazione e l’appoggio governativo, erano perseguiti attraverso una varia ed intensa vita societaria. Operante per alcuni decenni, vi si avvicendarono oltre ottocento iscritti, fra nobili, professionisti, commercianti, religiosi e impiegati. La frequentazione, al contrario di altre realtà similari italiane, era concessa anche alle donne, mogli, madre o figlie nubili, anche se la loro partecipazione attiva alla vita della società era limitata ai balli, giochi di carte o tombola, rappresentazioni teatrali e concerti musicali.
Come in altre società simili, la base sociale degli aretini venne presto allargata, comunque escludendo i piccoli commercianti, gli artigiani minuti, attori e ballerini (!).
A pochi anni dal compimento dell’Unità d’Italia l’inconciliabilità della forma, una serie di debiti ed una nuova consapevolezza, determinarono dal 1854 una acuta crisi di identità, che portò dapprima ad una chiusura forzata poi all’ingresso di commissari straordinari ed infine, nel 1872, alla redazione di un ultimo statuto sotto la presidenza del nobile Alessandro Albergotti.
Il libro è già disponibile presso la libreria Feltrinelli di via Cavour ad Arezzo.
Ingresso gratuito

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