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PROLOGO

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“Rana, me la sponsorizzi una cartina?”. Giacomo si gira e lo guarda beffardo: “Ce n’ho poche, col cazzo che te la do. E comunque, Meu  di merda, quando io ho cominciato a fumare tabacco, te eri nel periodo del ‘santone che ha smesso di fumare sul serio’. E poi non dici sempre che quelle che uso io non ti piacciono?”. “E’ finito da un pezzo quel periodo di squallido non-tabagismo - gli risponde Mauro toccandosi nervosamente la faccia - Fumi delle cartine del cazzo che si spengono ogni tre secondi, è vero, ma pur di fumare adesso prenderei anche una delle tue. Rollerei il tabacco anche nella carta da forno ora come ora, guarda”. “Oh – se ne esce fuori Alessandro, alzando gli occhi da un manuale di diritto privato spulciato con falsa convinzione – Io ancora non ho capito che cavolo di gusto c’avete a fumare quei trojai di drummini eh. Mi fanno cacare, non c’è paragone con le sigarette ‘vere’”. “Eh bhe, Dedo, ci credo che non lo sai – affonda Mauro – Sono dieci anni che scrocchi le sigarette ‘vere’ a destra e a manca. Il disagio di non trovarti in tasca i soldi per comprarle non lo hai mai provato”. “Tho, prendetevi tre sigarette ‘vere’ e non rompete il cazzo – dice Carolina tirando un pacchetto di Winston blu ancora da sbollare sulla scrivania – Usciamo fuori a spainare tutti insieme e decidiamo cosa fare stasera, piuttosto. Tanto di studiare, qua non se ne parla”.

 

La biblioteca universitaria di Arezzo non è mai molto trafficata, tanto meno lo è l’ultima settimana di agosto. Mauro, Giacomo, Alessandro e Carolina sono quasi soli nel piazzale. A pochi metri da loro c’è soltanto un giovane africano intento a riposarsi, con accanto tre pacchi di fazzoletti e numerose cianfrusaglie. Come vede i quattro ragazzi, però, il magrebino coglie la palla al balzo per avvicinarsi. “Hei amigo. Hai una sigaretta?”, dice guardando un interlocutore imprecisato tra i quattro. “Non ce l’ho nemmeno io i soldi per comprarle, fumo il tabacco”, gli risponde Mauro. E mormora a bassa voce “Mambrucco...”, facendosi però sentire dai suoi amici che ridacchiano. “Tieni, te la do io”, interviene Carolina che tira fuori dal pacchetto una sigaretta e la porge al ragazzo straniero insieme all’accendino. “Mina, la buona Samaritana”, la sbaffeggia Mauro dopo che il ragazzo di colore ha voltato le spalle. “Meu, il bimbo speciale”, sorride lei.  “Senti chi parla con quell’accendino del cazzo. Il tempo dei Pokémon è finito da un pezzo”, la critica acidamente Giacomo. “Amore, diglielo anche te che è bellissimo e che non c’entra un cazzo coi Pokémon”, si lamenta Carolina guardando Alessandro in cerca di approvazione. “Mina, il tuo accendino fa pena, te l’ho sempre detto anche io – riponde lui  –  Piuttosto impara a giocare a carte... se eri capace, almeno stasera si andava dal Rana a fare un girone noi quattro, era perfetto. Tanto non c’è un cazzo da fare...”. “Lo dici te che non c’è un cazzo da fare - interviene Mauro con lo sguardo di chi ha grandi e inaspettati progetti - Io un’ideona ce l’avrei”.  “Ah, senti te. E dicci un po’ Meu, quale sarebbe?... Vomitare anche il signore?”, lo interroga ironicamente Giacomo. “E’ tutta l’estate che beviamo allo sfinimento per noia, mi sono rotto il cazzo – risponde Mauro – Quello che avevo in mente io è molto più interessante. Esploriamo il tunnel del Castro stanotte!”.

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