La tragedia di Lampedusa non lascia indifferenti il mondo del lavoro aretino. A dieci giorni dalla tragedia le tre sigle sindacali CGIL, CISL e UIL si danno appuntamento per venerdì 11 ottobre alle ore 17.00 presso la sala “G.Pastore” della sede CISL di Viale Michelangelo 118 per un momento di riflessione, ma anche per ribadire che tragedie come questa non debbano più avvenire. E’ difficile solo pensare che nel 2013 esistano persone, dopo una vita di guerra, una vita condannata al dolore, spinte da un legittimo quanto universale desiderio di un futuro migliore siamo costrette ad abbandonare i propri affetti e la propria terra. Ed è altrettanto difficile credere che ancora oggi c’è chi pratica, alla luce del sole e senza scrupoli, la tratta di essere umani proprio dove ha avuto origine qualche millennio fa la civiltà occidentale.
E’ doveroso che il mondo del lavoro s’interroghi su quanto continua ad accadere nell’indifferenza più totale ed esprima, in nome di quella sussidiarietà e tolleranza che gli sono propri, vicinanza a tutti quei lavoratori e sono tanti che, dall’Eritrea dall’Etiopia e dalla Somalia, hanno scelto la nostra provincia per vivere e lavorare.
All’incontro di venerdì, esponenti delle comunità Somale ed Eritree porteranno il loro contributo di vita e di conoscenza, in questa “fuga” verso la libertà e, all’iniziativa parteciperanno anche i rappresentanti delle Federazioni di Categoria e degli Enti Sindacali preposti alla accoglienza e tutela dei migranti e degli emigranti.
Questa ennesima tragedia evidenzia, ancora una volta, il ruolo di una società che si ritiene sulla carta civile, ma si dimostra facile alla dimenticanza. Una società che ha nella sua storia ITALIANI MIGRANTI, EMIGRATI che si sono inseriti nelle varie comunità continentali ed extra continentali.
Occorre mantenere alto il livello di guardia affinché il Paese e la Comunità Europea non si dimostrino ulteriormente sordi alla necessità di istituire una diversa politica in materia di immigrazione ed asilo, per creare un efficace sistema di accoglienza, consolidando la Frontiera Europea per eccellenza nel Mediterraneo, per istituire corridoi umanitari per i profughi che scelgono, fuggendo dal loro Paese, il male minore e l’aspettativa di vita migliore: UNA VITA IN DUBBIO PER UNA MORTE CERTA (cosa altro pensare se si portano con se i propri figli); smantellando la legislatura vigente e contrastare la tratta degli esseri umani.
Ed, infine, occorre forse ripensare anche il reato di clandestinità, che non punisce per cosa si fa ma per ciò che si è!