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Se anche le istituzioni si dimenticano dell’infanzia...

L'associazione Eureko rinuncia dopo anni all'organizzazione dei campi solari

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Risale solo a qualche giorno fa la notizia che l’Associazione Eureko, che da anni si occupava dell’organizzazione dei campi solari nel territorio,  ha deciso di rinunciare al proprio incarico. Questa scelta radicale è il frutto di una riflessione ponderata. Dopo anni di offerta di un servizio di qualità, infatti, Eureko si è ritrovata abbandonata dal Comune di Arezzo, dovendo barattare una modalità di lavoro fondata su determinati valori, con un’altra modalità che incrementa il divario sociale. Se i campi solari erano, fino a non molto tempo fa, il frutto nato dalla collaborazione tra istituzioni e territorio, grazie anche al ruolo svolto dalle circoscrizioni, oggi, con la scomparsa di queste “entità intermedie”, il servizio si è trasformato ed ha vissuto un forte peggioramento. In seguito ai tagli -che fungono, in tempi di crisi, da costante legittimazioni a tendenze politiche sempre più disinteressate al sociale-, il Comune non si è  più curato di questo tipo di servizi per l’infanzia, limitando le possibilità di offerta dei campi solari, per lo più, a quelli privatamente gestiti. L’incremento del divario sociale tra le famiglie che possono permettersi l’accesso alla gestione privata  -e non sempre “laica”- dei campi solari e quelle che invece non possono permetterselo, è stata quindi la diretta conseguenza della politica del disinteresse portata avanti, in quest’ambito, dalle istituzioni comunali. Non è stato abbozzato dal Comune alcun tentativo di salvataggio del servizio pubblico. Per questo Eureko, che è un’associazione che nasce sulla base di certe scelte valoriali di promozione culturale, ha deciso di rinunciare al proprio ruolo, sperando di suscitare, con questa rinuncia, quanto meno un certo sdegno. I campi solari infatti nascono come occasione preziosa di coesione sociale e costituiscono un’opportunità per eliminare i divari socio-economici e sperimentare così “modalità-altre” di educazione, ma tutto questo vale solo se le istituzioni, in primis, s’impegnano a rispettare certe scelte valoriali, inserendole tra le proprie prerogative. Un servizio pubblico di qualità, infatti, rende anzitutto possibile  un’accessibilità estesa alle proprie risorse. Se, al contrario, i prezzi di accesso ai servizi lievitano e quelli che prima erano accessibili poi non lo sono più neppure per le fasce medie, assistiamo a un processo  -anche se non dichiarato- di privatizzazione dei servizi. E ogni privatizzazione, esplicita o meno che sia, è sempre il frutto di una predeterminata linea politica. Fin’ora, il Comune ha cercato di cavarsela con lo stanziamento di 25.000 euro totali per coprire le spese dei bambini  esonerati che usufruiscono dei  campi solari. Le fasce che  sono state messe ai margini, alla luce di tutto ciò, sono dunque  quelle medie, che non rientrano tra gli esonerati, né tra gli “altolocati” in grado di accedere ai dispendiosi servizi privati. La scelta di Eureko di chiudere i battenti, è l’amara dimostrazione del fatto che, nella nostra società, le realtà piccole che cercano di operare nel campo dei servizi sociali cooperando con le istituzioni e facendo determinate scelte etiche vanno ormai scomparendo. Il mercato pare sommergere anche queste possibilità di ripresa economica, senza avere la lungimiranza di capire il potenziale insito nelle micro-realtà autonome. La lettera che l’Associazione Eureko ha pubblicato qualche giorno fa su facebook , voleva appunto porre l’attenzione sul fatto che certi servizi  sociali fondamentali stanno scomparendo e muoiono non per effetto della crisi, bensì per l’assenza di una volontà politica d’intervento. Tuttavia, finchè anche fra le associazioni prevarrà la politica della sopravvivenza e del “salviamo il salvabile”, a scapito di una sana cooperazione solidale,  non si configurerà mai la possibilità di  una svolta capace di riconferire ai cittadini –indipendentemente dalla loro estrazione sociale- un ruolo determinante nelle scelte che li coinvolgono in prima persona.

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