Nei giorni in cui tiene banco la notizia che la crisi delle aziende italiane ha aumentato in maniera spropositata il numero dei protesti, approfondiamo proprio l’argomento dei titoli di credito.
Assegni e cambiali (i più diffusi) sono documenti che consentono di effettuare il pagamento di somme di denaro senza l’utilizzo del contante. Nella maggior parte dei casi prevedono l’ordine o la delega al pagamento diretti ad un terzo, presso il quale il debitore ha costituito una “provvista”, ovvero ha messo a disposizione il corrispondente importo.
Nell’assegno bancario il pagamento è ordinato ad un istituto di credito. Nell’assegno circolare (equiparato ad una somma contante) il debitore deve avere preventivamente consegnato e vincolato all’istituto di credito emittente il corrispondente importo, così che il beneficiario non può mai rischiare di rimanere insoddisfatto. Nella cambiale (dove non è detto sia coinvolta una banca) si rimanda ad una data futura l’adempimento del debito.
Gli assegni devono essere emessi obbligatoriamente con la clausola di non trasferibilità se di importo superiore a 12.500 euro. Per garantire ciò, le banche consegnano moduli già muniti di questa dicitura, a meno che il correntista non li richieda privi della stessa, pagando un’imposta di bollo.
Inoltre, la girata, quando è ammessa, non può essere a beneficio dello stesso emittente (con frasi del tipo “mio proprio”), se non per incassare immediatamente l’assegno.
L’assegno bancario e la cambiale possono risultare “scoperti” e il creditore, o colui che mette all’incasso il titolo, può fare constatare formalmente il mancato pagamento mediante l’atto di protesto. Il nome dell’emittente verrà iscritto nel particolare elenco tenuto dalla camere di commercio, una volta noto come “bollettino dei protesti”. Soltanto nell’ipotesi di cambiale si può evitare l’iscrizione qualora il debitore dimostri l’avvenuto pagamento entro sessanta giorni.
LE DOMANDE DEI NOSTRI LETTORI
Quali sono le conseguenze in caso di assegno insoluto o emesso senza autorizzazione?
La banca è obbligata a segnalare la circostanza alla prefettura, la quale provvederà all’irrogazione delle sanzioni, tra le quali una pesante multa ed il divieto di emettere nuovi assegni. Peraltro, nella sola ipotesi di mancanza di provvista, il tutto può essere sospeso qualora si paghi il capitale, gli interessi, le spese e la penale del dieci per cento entro sessanta giorni, producendo alla banca la quietanza del creditore con firma autentica.
Il protesto è sempre possibile?
Non sempre. Se l’assegno viene posto all’incasso fuori termine esso non è più protestabile. Il termine è di otto giorni se la banca sul quale è appoggiato è nello stesso comune di quello di incasso, o, in caso contrario, di quindici giorni. Ciò non toglie che il creditore possa utilizzarlo a tutti gli effetti per recuperare il proprio avere.
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