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"Pianeta Terra ultimo atto", Mario Tozzi al Giardino delle Idee

Appuntamento domenica, 24 febbraio, alle 17

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Più volte la Terra ha conosciuto enormi estinzioni di massa ma ora la catastrofe potrebbe avvenire per mano dell' uomo. “Il terzo angelo suonò la tromba, e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. Il suo nome era Assenzio”. Così l'Apocalisse di Giovanni. Ed ecco quella Maya. “Una mano enorme e dalle dita affusolate s'era all'improvviso materializzata in cielo e, afferrato il Sole tra il pollice e l'indice, l'aveva spento come la fiammella d'una candela, portando l'oscurità ovunque”. Che cosa accomuna queste storie della Fine? Paradossalmente, che il mondo non finisce. Per l'apostolo cristiano a un'umanità rigenerata si dispiegano un nuovo cielo e una nuova terra e quanto ai Maya, tormentati da un ambiente reso ostile dal clima e dalla scarsità di risorse, il tempo era un Dio e si ripeteva ciclicamente per l'eternità. Lo afferma Mario Tozzi, geologo e conduttore televisivo, nel suo nuovo libro “Pianeta Terra ultimo atto” edito da Rizzoli, il quale aggiunge che l'ultimo ciclo, relativizzato al nostro calendario, era iniziato l'11 dicembre del 3114 a.C. e sarebbe terminato il 21 dicembre del 2012, dopo 5125 e passa anni astronomici. I Maya si limitavano ad applicare un modello numerico, immaginando che in passato gli altri cicli fossero tutti terminati in modo catastrofico. Ad onore del vero non esistono profezie Maya poiché le congetture le abbiamo fatte noi.

Domenica 24 febbraio alle ore 17.00 nella consueta cornice della Sala delle Muse del Museo Nazionale d’Arte Medioevale e Moderna di Arezzo con ingresso libero e gratuito MARIO TOZZI sarà ospite del Giardino delle IDEE. Ad introdurre e moderare l’incontro Barbara Bianconi con le domande e le sollecitazioni di Fabio Mugelli. Anche la nostra civiltà potrebbe, se non finire, essere drasticamente sconvolta da qualche enorme disastro, dovuto magari agli effetti perversi dello stesso successo tecnologico e amplificato dalle caratteristiche fisiche del nostro globo. Tozzi , sottolinea che il destino dei dinosauri potrebbe toccare proprio a noi e in tempi più brevi di quanto usualmente non ci si aspetti. Nel nuovo libro immagina l'ultimo uomo, rintanatosi in un rifugio sotterraneo, che descrive le fasi che hanno fatto sì che la radioattività — poco importa se dovuta a un conflitto nucleare o a semplici incidenti nelle centrali — abbia reso invivibile il pianeta. Il mito della caduta dei cieli copre semplicemente la superbia dell'uomo che crede di incarnare il senso ultimo dell'Universo. Un orgoglio patetico. Conosciamo le conseguenze del nostro assurdo stile di vita, ma perseveriamo ottusamente a replicarlo. Nel frattempo, continuiamo a lasciarci suggestionare da scenari di rovina roboanti e poco probabili. Ci lasciamo abbindolare da tutto nell'età dell'informazione e del Terzo Millennio, non molto diversamente da come capitava nell'oscuro Medioevo dell'anno Mille», all'epoca di Brancaleone di Norcia e della sua armata. Ma allora ci si aspettava il segno dello scatenarsi di Satana con qualche scusante, mentre gli attuali fanatici dell'Apocalisse approfittano delle reti editoriali e telematiche per sostituire la credulità alla fede. Se queste sono davvero Apocalissi, la ragione è che la fine di tante specie indica un nuovo inizio per altre forme di vita. E poi siamo proprio sicuri che questa o quella Apocalisse riguardi il futuro? Le grandi catastrofi che marcano le ere geologiche sono state come incendi nella foresta che spazzano via il sottobosco vecchio, e liberano spazio per future diversificazioni. E se l'intero genere umano finisce bruciato per colpa di qualche asteroide o si scoprirà addirittura — come Tozzi teme — che il vero asteroide killer siamo noi stessi, non ci sarà probabilmente nessun rifugio da cui contemplare la vita nuova che sgorgherà dal disastro. Come diceva un vecchio filosofo, tutto quel che esiste è degno, prima o poi, di perire. E se anche l'umanità scampasse alle trappole che essa stessa si fabbrica violentando l'ambiente in cui prospera, facendo invece un uso accorto delle grandi risorse messe a disposizione dall'impresa tecnico-scientifica, sappiamo comunque dall'astrofisica che il nostro sistema solare collasserà più o meno tra cinque miliardi di anni, e forse resterà in questa piccola porzione di Universo nient'altro che quella profondissima quiete di cui trattava il più disincantato dei poeti, Giacomo Leopardi.

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