Partecipa a Arezzo Oggi

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Paziente rimasta 39 ore in barella: evento imprevedibile dovuto a picchi di accessi. Le scuse dell’Azienda

Più di 70.000 ingressi all’anno: in certi giorni e fasce orarie aumenta la difficoltà all’accoglienza alberghiera

Condividi su:

“Inizieremo e finiremo questo comunicato chiedendo scusa alla paziente che ha dovuto attendere quasi 40 ore in pronto soccorso prima di essere ricoverata in un reparto.” E’ quanto afferma la Asl8 nel rispondere e chiarire i motivi che hanno provocato disagi ad una donna di 81 anni, entrata al pronto soccorso del San Donato la notte fra domenica e lunedì (è stata trasportata dal 118 alle 00,34) per una oppressione toracica avvertita da tre giorni, e rimasta nell’area di “Osservazione Temporanea” fino alle 15,22 di lunedì.
E’ stata la figlia a raccontare (correttamente) il percorso compiuto dalla madre. Senza volere e poter scendere in particolari che sono “riservati” alle cartelle cliniche, va sottolineato che dopo pochi minuti dall’ingresso in Pronto Soccorso la paziente è stata valutata e sono stati effettuati esami di laboratorio ed ECG. Il cardiologo ha emesso una diagnosi di aritmia caotica atriale.  E’ stato attivato il protocollo della “cardioversione farmacologia” che prevede tre step da attuare  in successione, sulla base della risposta alla terapia. Nel caso della paziente sono stati necessari tutti e tre gli step, il primo alle 01,26, il secondo alle 04,27, il terzo alle 18,35 della domenica pomeriggio. La paziente è stata rivalutata dal cardiologo sia nel pomeriggio della domenica che la mattina del lunedì, quando sulla base di ulteriori esami è stata indicata la necessità di approfondimenti clinici dal punto di vista ematologico.
Alla richiesta di ricovero in Ematologia è stata data disponibilità di posto letto per il pomeriggio, e la paziente è stata quindi trasferita in reparto alle ore 15,22.
Generalmente dopo l’avvio del secondo step della cardioversione farmacologia i pazienti vengono trasferiti in OBI (Osservazione breve intensiva). Domenica sera non è stato possibile, perchè i pazienti ricoverati in OBI avevano un quadro clinico più complesso ed una maggiore instabilità dei parametri vitali, rispetto alla paziente 81enne.
Solo per questa ragione la paziente, avendo una stabilità clinica adeguata ed essendo costantemente monitorata sia dal punto di vista dei parametri vitali che elettrocardiografici, è rimasta nella stanza di Osservazione Temporanea dove, come afferma la figlia stessa: “medici e infermieri sono stati bravissimi a gestire il tutto, anche gli animi che a un certo punto si stavano scaldando. Con grande professionalità, hanno mantenuto la calma e fatto il possibile per i pazienti, nonostante fossero sotto pressione in maniera esagerata”.
La domanda a questo punto è: poteva essere fatto di meglio? Certo, si può sempre fare di meglio. E le scuse che l’Azienda porge alla paziente non possono giustificare il disagio.
Ma, senza nascondere la complessità del lavoro in un ospedale e senza cercare inutili giustificazioni, ci sono comunque altri fattori da prendere in considerazione. Il pronto soccorso del San Donato (che non ha subito né tagli di personale né di posti letto, anzi, ha visto aumentati entrambi in occasione della ristrutturazione del 2012) registra ogni anno più di 70.000 accessi. Un fiume di pazienti che non si spalmano in modo regolare nei giorni e nelle ore, ma che comportano dei picchi, in alcuni casi regolari e ripetitivi (vedi tabella allegata), e in altri casi in modo imprevisto ed imprevedibile, come si addice ad un pronto soccorso che serve un territorio così vasto. L’area di Osservazione temporanea non prevede letti ordinari, e servizio di ristorazione, proprio perchè i tempi di permanenza, dovrebbero essere brevi. Domenica questo per la paziente non è accaduto. L’Azienda sta continuamente monitorando i flussi di pazienti e lavora per adeguare le proprie capacità di risposta. Ma ai picchi imprevisti e imprevedibili non si potrà mai dare una risposta sufficiente, perchè  poi la volta successiva il picco potrebbe essere più alto.
Soddisfazione l’Azienda vuole invece esprimere per la percezione che la figlia della paziente ha avuto ed ha poi trasmesso a tutti, nel riconoscere al personale sanitario l’impegno e l’umanità doverose nello svolgere il suo compito. Caratterista della quale l’Azienda è ben consapevole, orgogliosa e per la quale ringrazia tutti gli operatori del Pronto Soccorso.

Condividi su:

Seguici su Facebook