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Il fallimento e le procedure concorsuali

La disciplina, gli organismi competenti e le alternative

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Un’impresa (che sia una ditta individuale o una società) è in stato di insolvenza quando non è più in grado di fare fronte ai propri impegni con i mezzi ordinari. In questi casi la procedura più nota che si apre è il fallimento.
Nel 2006 sono stati ristretti i presupposti. Infatti, possono fallire solo le imprese che negli ultimi tre anni abbiano avuto un attivo patrimoniale superiore a 300 mila euro, ricavi lordi superiori a 200 mila euro, nonché abbiano debiti per oltre 500 mila euro. La prova dell’assenza di queste condizioni spetta all’impresa della quale viene chiesto il fallimento. Inoltre, chi formula l’istanza, se si tratta di un creditore, deve allegare un credito di almeno 30 mila euro, senza il quale il fallimento non può essere dichiarato.
Gli organi del fallimento sono quattro: il Tribunale, il Giudice delegato (davanti al quale il debitore deve essere obbligatoriamente convocato in udienza, prima di esaminare la richiesta di fallimento), il Curatore (cioè un professionista con i compiti di gestire le attività che dovranno essere svolte nella procedura e di rappresentare il fallimento stesso), nonché il Comitato dei Creditori (con funzioni di vigilanza e di ratifica, nei casi previsti dalla legge).
Con la sentenza che dichiara il fallimento, tutti i beni dell’impresa (e della persona fisica, se si tratta di imprenditore individuale o società di persone) vengono sottratti alla sua disponibilità e destinati ad essere alienati a terzi. Il ricavato di ciò (e di altre eventuali posizioni attive, come crediti da riscuotere, azioni revocatorie ed azioni di responsabilità verso gli organi sociali dell’impresa fallita) verrà ripartito tra i soggetti che, avendone fatto richiesta, sono stati ammessi al passivo. Naturalmente, verranno rispettati privilegi e varie cause di prelazione dei crediti, come le ipoteche.
Il fallimento può portare con sé alcune ipotesi di reato, nei casi in cui si siano verificate sottrazioni o distrazioni illegittime dei beni dell’impresa, in danno dei creditori, da parte dei suoi titolari. Sono queste le fattispecie di bancarotta semplice e fraudolenta.

 

Quali sono le alternative al fallimento?
Tralasciando i casi di amministrazione controllata (applicabili alle grandi imprese in crisi), la prima alternativa al fallimento è il concordato, che può avvenire prima (preventivo) o durante esso (fallimentare). Con il concordato l’imprenditore insolvente propone ai suoi creditori un accordo, dividendoli in categorie e prevedendo per ciascuna di esse il pagamento di una percentuale. Il concordato, se approvato dalla maggioranza dei crediti, è vincolante per tutti. Con la legge 3/2012 anche il semplice consumatore (non imprenditore) ha oggi la possibilità di attivare una procedura di composizione della “crisi da sovra indebitamento”.

Scrivete all'avvocato Iacopo Gori all'indirizzo redazione@arezzooggi.net

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